chiediameblog
10 jazz album da ascoltare: 8 "Soft Journey" di Pieranunzi e Chet Baker
Aggiornamento: 29 set 2019
Un recente concerto di Pieranunzi mi ha rifatto ascoltare Soft Journey , un grande disco.

Tornato a casa da un recente concerto al Pinocchio Jazz di Firenze in cui suonava Enrico Pieranunzi, accompagnato da Simona Severini , non ho potuto fare a meno di ascoltare Soft Journey, un suo disco del 1979 con Chet Baker. E' una settimana ormai che lo suono negli auricolari senza soluzione di continuità e non credo smetterò a breve. Perché?
Non c'è solo un motivo per quel che mi riguarda. Potrei considerare tra le cause il fatto che quando conosci un musicista durante un concerto è naturale rivivere successivamente le emozioni ascoltandone il repertorio. Ciò, però, non spiega questa mia compulsività nell'ascolto. Non sottovaluterei neppure il fatto che al concerto c'erano anche i miei due figli piccoli e, per quanto bravi e abituati a stare in mezzo alla musica, non è che sia il modo migliore di ascoltare jazz (un grazie a Costanza Nocentini, ad Arianna e a tutto lo staff che li hanno ormai adottati). O, forse, può essere che abbia influito in questo reiterato ascolto il fatto che Pieranunzi ha avuto modo di raccontare durante il concerto la genesi del progetto e altri aneddoti riguardo la vita di Chet.
Probabilmente saprai che Chet Baker venne arrestato in Italia nel 1960. Lo trovarono nel bagno di un distributore di benzina sulla provinciale che lo doveva portare alla Bussola di Focette. Con lui una siringa, fiale di Palfium, così sul verbale comparve scritto il nome di «Baker Chesney Henry», uno dei più grandi trombettisti della scena cool. Seguono le indagini, il processo, la condanna, l’appello che arriva a fine ‘61, quando Baker ha giù scontato 16 mesi di carcere. Negli ultimi tempi gli viene concesso di esercitarsi in cella nel carcere San Giorgio di Lucca, per cinque minuti, due volte al giorno, e il suono della sua tromba si diffonde per la città.
Chet torna spesso in Italia nonostante la disavventura e suona altrettanto sovente. Pieranunzi lo conosce in questo secondo periodo. Suona con lui in studio e in giro poi, pur temendo un rifiuto, gli chiede di registrare insieme per la sua casa discografica. Chet risponde gentilmente (era un uomo molto gentile) e chiede del tempo per pensarci poi qualche giorno dopo telefona a Pieranunzi e con la sua voce lieve gli dice sì. Anno di grazia 1979. Foto sul long playing roba da residuato, vecchi scarti e altre amenità prive di gusto. Eppure dentro quel vinile, nei file disciolti su Spotify ci sono 2 perle e un concetto.
La prima perla si chiama My Funny Valentine, la versione più intensa, autentica e moderna che io ricordi (ma ho la memoria anarchica). In questo brano entrambi gli artisti si calano nel narrato, in quel sobrio distacco che fa grande un amore casuale e senza futuro, rendendolo così come deve essere: con la consapevolezza fragile e immensa che tutto ha fine, che nel fumo di una sigaretta, in un'allusione, c'è più verità che in una spiegazione.
La seconda perla è la composizione più nota di Pieranunzi, ovvero Night Bird che ha avuto successo in tutto il mondo grazie alla versione di Chet Baker. Un riff semplicissimo e potente e tutta la creatività che ne consegue. Un classico del jazz che per un italiano, in un'era in cui le composizioni di pregio scarseggiano, è di certo motivo di giustificato orgoglio.
Ma ciò che più mi sta a cuore è il concetto, quel Soft Journey che dà il nome al progetto, in cui non c'è volontà di sperimentazione anche se ciò potrebbe sembrare un minus. Si tratta di un viaggio nella vita, nei bar, negli amori con e senza speranza, guardandoli per quello che sono, accompagnando la lucidità all'indulgenza. E' un approccio che sento mio e che nasce probabilmente dalle mie stesse radici. A Livorno, città da cui provengo e da sempre tollerante, si aggiunge l'aggettivo "piccino" a chi abbia sì sbagliato, ma non per questo lo si intenda giudicare. Ecco, allora siamo tutti un po' piccini, non perché assolti indistintamente, ma in quanto destinati in un modo o nell'altro a inciampare e a rialzarci, sebbene malconci, alla luce di una bella mattina di marzo o nell'obliquo riverbero dei raggi vespertini. Per questo talvolta non sperimentare è un plus, perché consente di approcciarsi al delicato senso della vita, piuttosto che alla forma, alla verità invece che alla ricerca. Ho ritrovato in tutte le note di questo progetto, nell'esecuzione intelligente e mai compiaciuta, la serena, delicata visione di cui ho bisogno per vivere. E' per questo che lo ascolto di continuo, perché mi serve da argine rispetto al quotidiano. Una sorta di rifugio, di bellezza disciolta, riflessione che non intende riflettere, ma alludere soltanto.
E', quindi, essenzialmente un disco che somiglia alla mia parte migliore o che è come vorrei essere. Non me ne frega niente se sia il miglior lavoro di Pieranunzi o di Chet Baker, uomo gentile e artista. Non me ne frega niente se quel che ho detto abbia o meno fondamento da un punto di vista strettamente jazzistico (in realtà non c'è niente di strettamente jazzistico, perché l'intera vita è jazz allo stato puro). Di certo questa musica mi è servita in questi giorni di allergie e volgarità mondiali e magari servirà anche a te, perché è una musica da ascoltare che consente di ascoltarsi.
Clicca qui per ascoltare Soft Journey di Enrico Pieranunzi e Chet Baker
Se ti è piaciuto il post ti consiglio di leggere la serie di articoli dedicati a 10 dischi da conoscere assolutamente. Inizia da scoprire cosa hanno a che fare Bill Evans e Luciano Troja, rispettivamente con "Explorations" e "At Home with Zindars". Da qui in poi troverai tutti i link che ti serviranno.
Ti consiglio anche il post sul nuovo Blue World, il capolavoro riscoperto di John Coltrane.
Ti consiglio inoltre il post sul jazz indie dei Ghost Horse col loro "Helm".
Considera, infine, che sei approdato in un blog di libri e jazz. Se ti piacciono i romanzi ti consiglio di leggere anche il post Romanzi ispirati dal jazz oppure "Chiedi a Coltrane e altri romanzi invisibili in libreria" tenendo conto che "Chiedi a Coltrane" è il mio romanzo.
Un romanzo che ho particolarmente amato e recentemente recensito è Tutto quello che è un uomo di David Szalay. Clicca qui per leggere la recensione.
Se proprio hai tempo da buttare, iscriviti alla newsletter.