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Pericopes + 1 "Legacy": moderna alchimia

Aggiornamento: 10 feb 2020


Ho una predilezione per le copertine dell'etichetta Auand. Esprimono, usando gusto iper-urbano, una dimensione emotiva che ha a che vedere col nostro quotidiano. Ho, per dirla meglio, una predilezione per l'intero catalogo jazz della Auand. A loro devo recentemente lavori come Trojan dei Ghost Horse, Sexuality di Simone Graziano , Helm sempre dei Ghost Horse, di cui avete letto su questo blog e adesso anche questo Legacy dei Pericopes + 1.


Sono inizialmente entrato in contatto con Alessandro Sgobbio, talento applicato al pianoforte, grazie a Forests dei Silent Fires , formazione norvegese nei quali milita (lavoro uscito a fine 2018 che sta ottenendo ottime recensioni). Gli ho spiegato che i limiti di questo blog sono l'arbitraria soggettività e la mia incapacità critica, per questo mi affido all'opinabile, ovvero esclusivamente a ciò che si lega ai miei gusti. Tutti i progetti musicali e letterari segnalati sono quelli che ascolto o leggo, così è facile utilizzare Chiedi a me per raccogliere spunti. Da persona gentile qual è ha capito.


E, dunque, mi sono innamorato, lo confesso, di Legacy dei Pericopes + 1. L'amore è istintivo, una sorta di riconoscimento del sé migliore in qualcosa al di fuori del sé stesso. E' gratitudine per la scoperta che sazia, affama, rassicura e inquieta. Pericopes+1 è un progetto nato nel 2012. Cinque tour promozionali in Europa ed USA dell’album “These Human Beings” (album presentato da Dave Liebman e Enrico Rava), con riconoscimenti dalla stampa internazionale (Downbeat America, Herald Tribune, ORF TV Austria, AAJ, Jazziz, RAI RadioTre). Per avere la cifra di questo superbo lavoro iniziate a considerare che la formazione è composta da pianoforte acustico e elettrico (Alessandro Sgobbio), sassofono tenore ( Emiliano Vernizzi ) e batteria (lo statunitense Nick Wight). Una formazione resa libera e privata dal poter contare sul contrabbasso, sicuro binario musicale.


Altro indizio: ascoltate il brano Legacy (composto da Emiliano Vernizzi, nonché frutto come tutti i pezzi di una rilettura comune). La reiterazione della prima frase musicale è il fusto attorno al quale i tre sembrano voler costruire il brano, sino però al momento in cui staccano in un crescendo ascensionale, spirituale e carnale insieme, condotto dal sassofono, sino al più intimistico fluire del piano di Alessandro Sgobbio. La stessa batteria conferisce al brano un perimetro suburbano, culminante in un dialogo di voci americane. "La parte degli incisi è una 'raccolta' di pensieri di diversi artisti che - durante la loro carriera - hanno contribuito al sorpasso di certe barriere/categorie stilistiche predefinite (rock, pop, etc), cambiandole, talvolta stravolgendole. Ecco gli autori: Lemmy Kilmister, David Foster Wallace, David Bowie, Run-DMC, Jimi Hendrix, Chuck Berry, Kurt Cobain, Freddie Mercury, Keith Emerson, Richard Wright, Jac Pastorius." Così risponde Alessandro alla mia domanda riguardo chi fossero i citati e perché.

Legacy a mio avviso oltre ai contributi di cui sopra è un distillato di percezioni, tratte dallo stesso fluido interplay, ma anche più semplicemente dall'emotività che si sviluppa ascoltando la televisione in paesi stranieri, camminando per le vie del mondo, sentendosi soli e liberi, partecipanti dell'umano divenire e da esso estraniati. Questa sorta di duplice gusto è un tratto dell'intero progetto, doccia calda e gelata che è sempre più è parte del nostro sentire. Una sorta di negroni con worcester souce che rende Legacy e le nostre vite piccanti e intime al tempo stesso, vitali e malinconiche. Lo stesso monumento alla decadenza, la gelida, stracciata star & stripes che istintivamente suggerisce l'icona femminile rappresentata in copertina, nega, supera e riallaccia i fili della nostra sensibilità. In ciò la dimensione fotografica della copertina restituisce molto dell'ispirazione del progetto. Si tratta di un ritratto contemporaneo, cosmopolita, per niente spaventato, amaro e volitivo di un mondo che attende il meglio da noi per evolvere verso la bellezza. Ecco, proprio questo: distillare il quotidiano e restituirlo mutato in bellezza come fanno i Pericopes + 1 li rende moderni alchimisti, nonché artisti che meritano la nostra attenzione.


L'intero progetto è a mio avviso votato anche all'"asfalto", ai percorsi compiuti sulle strade di mezzo mondo, non tanto riferendomi ai tour europei e americani che hanno solidificato il trio, quanto all'intimo sentire con cui si sviluppa la sensibilità dei musicisti. Qualcosa che consente loro di scegliere ogni volta il meglio, la giusta deviazione per non cadere nelle braccia accoglienti dell'ovvio. Attenti, oh voi che siete: non pensiate che stia descrivendo esclusivamente un appagamento cerebrale. Si gode all'ascolto un po' in tutte le tracce. Mi piacciono proprio per questa capacità di far godere i sensi le stesse Zardis e Markveien composte da Alessandro Sgobbio., mentre Reverences, l'unica composizione di Nick Wright, è rarefatta, un respiro in mezzo a modulazioni sonore.


Non finisce qui. I Pericopes + 1 ripartono con un nuovo progetto. L’album s’intitolerà “UP” e uscirà il 6 marzo per l’etichetta norvegese Losen Records (con annesso tour di presentazione a metà marzo). Ne riparleremo volentieri su queste pagine.


A Marco Valente, il fondatore del'etichetta discorgrafica Auand (ormai circa 18 anni di attività) non possiamo, infine, che fare i complimenti per le scelte sin qui compiute, oltretutto muovendosi in una pozzanghera quale quella che lo show biz riserva al jazz italiano. Ha detto riguardo il successo del proprio progetto in un'intervista qualche anno fa: "Nessun segreto e nessuna ricetta particolare. Deriva dalla mia curiosità, dal prediligere il rischio per le cose nuove alla comodità del già sentito, dalla voglia di ascoltare e curiosare e di cercare di dare una mano concreta ai ragazzi meritevoli di attenzione."


Invece, quindi, di fidarvi di questo blog sghembo e parziale, fidatevi di lui che fate meglio e più ancora fidatevi della musica dei Pericopes + 1 che potrete ascoltare cliccando qui oppure di seguito. Besos.















Se ti è piaciuto il post, sappi che sei sul Jazz & Book Blog Chiedi a Me. Consiglio anche le seguenti letture o ascolti, ad esempio Theo Cross con "Fyah" uno dei migliori lavori del 2019, esempio della nuova scena jazz londinese.

Se vuoi ascoltare alcune mie playlist clicca qui , oppure ascolta la mia playlist su Bill Evans.

Per saperne ancora di più leggi "Evans, Coltrane e Akinmusire alla festa del Jazz & Book Blog "Chiedi a Me"!"

Se vuoi scoprire i Ghost Horse col loro splendido "Trojan", menzionato da Musica Jazz come uno dei migliori progetti jazz dell'anno clicca qui.

Se hai voglia di saperne di più sul mio romanzo "Chiedi a Coltrane" edito da Emersioni (non te lo consiglio) clicca qui;

Se, invece, vuoi conoscere la miglior graphic novel degli ultimi anni leggi il post su "Raymond Carver, una storia".


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