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My Favorite Things

Aggiornamento: 2 mar 2019

#jazz #film




C'è un brano che ha disegnato e disegna il perimetro di ciò che sono. Non riempie la mia animella inquieta, ma in qualche modo contribuisce ogni volta a crearla. Non perché sia associato a momenti particolari della mia vita, dando così modo all'inutile egocentrismo di danzarmi intorno e far chiasso. In realtà, dal momento in cui è divenuto parte di me ho iniziato a pensare in modo diverso. Come se uno sconosciuto mi avesse scattato una foto e, con un sorriso, porgendomela, mi avesse sussurrato "Guarda un po' come sei..". Non è solo uno specchio, quanto essenza, o, direi, assenza. Il tutto liberato dall'inutile conduce alla bellezza, anche se per trovarla occorre oltrepassare la porta della verità che di per sé non è mai un passaggio comodo.


Sia chiaro, non mi drogo e di musica capisco una cippa (per me un accordo è solo il patto tra due o più persone), ma amo sinceramente il jazz, perché allude alla vita. Di spiegarti in dettaglio adesso non ho voglia e poi quando acquisterai a febbraio il mio romanzo "Chiedi a Coltrane" capirai (messaggio promozionale). Quel che, invece, può esserti utile è ascoltare My Favorite Things eseguito da John Coltrane. Andiamo sul semplice: pensa a Dio e alle leggi segrete del Cosmo. Non hanno didascalie, non spiegano. Non esiste un asteroide che si metta in posa e l'acqua che hanno trovato su Marte non è utile per farci il ghiaccio da accompagnare al Negroni. Tutto, quindi, è soltanto allusione e assenza. La comprensione è un misto di analisi e empatia che spinge a riconoscere in te stesso quel poco che vale, la radice del tutto. Che c'è, quindi, là in fondo? Buio e qualche balenio di saette in lontananza che potrebbero essere esclusivamente effetto della prima cataratta.


My Favorite things è stato pubblicato nel 1961. Coltrane non ne avrebbe avuta per molto, dato che il suo astro pulsò fino al '67, anno della sua morte a 41 anni. Di fatto scrisse la storia del jazz moderno in 10, come una farfalla. Il brano e tutto il progetto fu suonato da Coltrane usando il sax soprano (prima l'aveva utilizzato solo in una raccolta "The Avant-Garde", una sorta di tributo a Ornette Coleman, totem del free jazz). Si dice che lo strumento glielo avesse regalato Miles Davis o lo avesse provato per la prima volta durante una tournée, prendendolo in prestito da un amico musicista. E chi lo sa? Fatto sta che quel suono delicato e stridulo gli consentì di andare oltre la malinconia e metterci dentro la vita ragliante e altrettanta poesia. Nello studio di registrazione portò con sé quattro suoi fedelissimi: Elvin Jones alla batteria, McCoy Tyner al pianoforte e Steve Davis al contrabbasso. "Di tutti i pezzi che ho registrato" Disse Coltrane. "My Favorite Things è il mio preferito. Credo che non lo rifarei in nessun altro modo, mentre tutti gli altri miei dischi sarebbero potuti essere migliorati in certi piccoli dettagli." Caso di una composizione altrui (il pezzo era di Rodgers e Hammerstein) che divenne indissolubilmente proprietà di chi la eseguì.


Dato che Coltrane sceglieva solitamente dei brani che avessero alla base una parte melodica orecchiabile per poi eseguire degli assoli, mi cimenterò di seguito nella medesima tecnica (sempre per il fatto che non me la dico molto con toni e semitoni). Del brano consiglio di ascoltare il suono dell'ancia. Si avverte netto il sapore del legno che dona matericità e si avverte persino il gusto del whisky torbato (mi ricorda il Talisker Dark Storm). E' un po' come quando improvvisamente ci ricordiamo dei profumi o il suono sordo delle botte prese da piccoli, caso in cui abbiamo l'evidenza che la bellezza non è bidimensionale, ma sinestesia. Il brano ha che fare con l'essenza che come tale riguarda tutti i sensi. E' narrazione, utilizzando le stesse tecniche della poesia, ovvero il verso legato in continuo a mille altri senza pretesa di creare un plot, bensì la singola frase che apre una serie infinita di collegamenti al vissuto di ognuno e finisce per parlare con le tue stesse parole. Dono e magia che ci rende ventriloqui: è questo la poesia vera, è questo il jazz. Affiora una vena malinconica, come se vi fosse consapevolezza che tutti i ricordi affastellati in quello sgabuzzino presto o tardi avranno fine. Come nello splendido film di Bertrand Tavernier, Daddy nostalgie con un fantastico Dick Bogarde nei panni del padre morente visitato dalla figlia (Jane Birkin), nel vano tentativo di recuperare una dimensione sognata, mai realmente vissuta: quella dell'età in cui i figli sono bambini. E' jazz, è vita e tutto rinasce all'infinito, solo un po' più in là. E' jazz, è vita, e la reinventiamo ogni volta come in un assolo, a patto di eliminare tutto ciò che è sovrastruttura, compresi gli imbecilli. E' jazz, è vita e come tale è leggerezza, e non v'è niente di più profondo di una risata sincera che sfuma in un bacio o in un abbraccio o in una passeggiata o in quello che vi pare. Ma che ne sappiamo della vita davvero? Io so soltanto che somiglia parecchio a My Favorite Things.


Il vinile su Amazon: My Favorite Things - John Coltrane - Atlantic Records - 1961

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