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La Spagna contemporanea da leggere
I nomi degli autori iberici più letti negli ultimi anni: Javier Marias, Ferdinando Aramburu, Manuel Vilas, Alicia Gimenez-Bartelet
Ci sono diversi modi per comprendere una nazione. Mi ricordo gli anni della movida spagnola, in cui il grottesco era una chiave di lettura generalizzata alla reazione contro Franco. In generale l'ironia nera, l'esagerazione anche truculenta, la dilatazione dello stupore infantile di fronte ai disastri commessi da genere umano e lo sberleffo sono stati da sempre una chiave di lettura dell'arte spagnola (Goya, Picasso, Bunuel, Almodovar, Antoni Tapies per citare i primi che mi vengono in mente). La letteratura ha, invece, spesso mantenuto una posizione mediana rispetto alle avanguardie, mirando meno a provocare e più a spiegare anche grazie al registro autobiografico (stesso registro usato da Almodovar, sebbene infarcito di provocazioni vere e false senza soluzione di continuità, rendendo indistinguibili le une dalle altre).
Breve introduzione per farti atterrare nell'universo delle mie passioni dato che sono stato lungamente monomaniaco della Spagna. Il motivo? Era un Paese europeo appena uscito da una dittatura e chi è costretto a reagire, sviluppa spesso una vitalità e una temporanea lucidità nei confronti dei valori essenziali della vita.
Ma cos'è oggi la Spagna e soprattutto quali sono i romanzi da leggere per averne un'idea? Ometto di citare i nomi storici (che Manuel Vasquez Montalban e gli altri mi scusino) per condurti a una lista parzialissima dei nomi più venduti negli ultimi anni. Ah, un'avvertenza: ricordati sempre che ciò che è basco non è madrileno e ciò che è catalano non è andaluso. La Spagna ha un gusto per la libertà di espressione e lo coltiva anche territorialmente. Iniziamo, quindi, questo tour nella letteratura spagnola contemporanea con Madrid e Javier Marias. Classe 1951, l'ho scoperto grazie a Un cuore così bianco (Premio de la Critica, Prix L'Oeil et la Lettre, Premio Impac di Dublino). Lento, lentissimo, ma capace di descrivere le pieghe dell'anima. I suoi personaggi non ridono nemmeno se gli solleticano i piedi, ma guardano la vita, la scrutano e, soprattutto scrutano sé stessi e noi tutti. Cercano di capire quale sia la chiave di lettura, il verosimile, dove diavolo stiamo andando o almeno dove vorremmo andare, perché tutto intorno c'è solo molto rumore, risate e malintesi. Un cuore così bianco è un romanzo sull'amore e sulla morte e su ciò che non si dovrebbe dire e su ciò che non si vorrebbe sapere. In Italia è uscito nel 2017 Berta Isla che ha avuto un buon successo. Di lui e del suo ultimo romanzo ABC (uno dei quotidiani più diffusi in Spagna) ha scritto: «Marías ha raggiunto una precisione, un'emozione e un mistero che, oggi come oggi, non hanno pari tra i suoi contemporanei. Superbo.» Di che parla? E' la storia di un amore imperfetto, come lo sono tutti. È la storia di una relazione che, finita la passione, si regge in fragile equilibrio sul segreto, sulla lealtà e sul risentimento, su quanto non si vuole o non si può dire. In generale si avverte in Marias la Madrid capitale, città europea e cosmpopolita, legata alle colonie come il resto della Spagna non è mai stata. La Spagna borghese per cui non è il denaro il problema ma il vuoto che ha dentro.
Ok, adesso andiamo nei Paesi Baschi che amo particolarmente. Ci sono stato 3 anni di fila, fingendomi critico cinematografico insieme a un amico e partecipando allo splendido festival del Cine di Donostia (San Sebastian) in un palazzo del cinema fascinoso (il Kursal), laddove conoscemmo un Javier Bardem ancora implume. I baschi sono matti (ricordo ancora l'aste nagusia, ovvero il loro ferragosto vissuto a Bilbao) e per questo suggestivi. Più di tutti pagarono tributo alla repressione franchista. Più di tutti l'Eta combatté la dittatura, per poi degenerare una volta terminata. In questo microclima nasce Ferdinando Aramburo, nato nella splendida San Sebastian nel 1959. La sua ultima opera Patria ha ricevuto nel 2016 il prestigioso premio de la Critica e nel 2018 il Premio Strega europeo. L'autore mette al centro della narrazione proprio l'Eta e il terrorismo dell'epoca, cercando lucidamente di temperare le emozioni partendo da un principio: il contrario di un colpo con il pugno destro non è un colpo con il pugno sinistro, bensì un abbraccio. Patria è quindi preceduta da un’esperienza personale dell’autore, anche quando gli episodi raccontati non costituiscono una testimonianza diretta. Cito tra tutte, la seguente esperienza autobiografica: una sera l'autore adolescente balla e canta alla festa di san Sebastián, patrono della città, insieme ad una moltitudine. Arrivati a un certo passaggio reiterato di una melodia, tutti lanciano in aria il pullover o la giacca, con una specie di urlo burlesco. Lui semplicemente si aggrega senza conoscere il significato del gesto, ma il giorno seguente scopre che il lancio dei vestiti sopra il mare di teste è una parodia dell’assassinio dell’ammiraglio Carrero Blanco, la cui auto saltò in aria nel 1973 in una via di Madrid, scagliata in alto da una bomba letale. Fu il momento in cui comprese una tragedia nella tragedia: le vittime si stavano disumanizzando.
Alicia Giménez Bartlett nasce ad Almansa nel 1953. Dov'è Almansa? In Castiglia La Mancha, caro mio, nella provincia di Albacete, nella patria dell'amato, stralunato Don Chisciotte. Terra chiusa e incassata che non ha il beneficio del mare e che, come tutte le terre al centro di uno stato né sono in qualche modo imprigionate. La Bartlett è conosciuta principalmente per i suoi romanzi polizieschi che hanno per protagonista l'ispettrice di polizia Petra Delicado. Al di là del genere, i suoi romanzi sono costellati da personaggi caratterizzati da un forte bisogno di libertà, dalle convenzioni sociali prima di tutto. Ad esempio in Mio caro serial killer (Sellerio, traduzione di Maria Nicola), i personaggi, sia storici sia fittizi, sono caratterizzati da un forte bisogno di essere liberi, sessualmente e politicamente, liberi di essere diversi, di vivere secondo le proprie regole e, qualora questo non fosse possibile, liberi di morire.
Manuel Vilas Vidal ha il merito di aver pubblicato un romanzo che si vende anche per il solo titolo. Si tratta di In tutto c'è stata bellezza. (mi ricorda subliminalmente il fortunato romanzo di Jhonathan Safran Foer Ogni cosa è illuminata). Giornalista, scrittore e poeta nasce nel 1962 a Barbastro in Aragona, a metà tra Barcellona, Saragozza e la Francia. Una terra qualsiasi, trascurata dal turismo che vive essenzialmente ripiegata nel proprio tessuto sociale. In tutto c'è stata bellezza è essenzialmente un romanzo autobiografico in cui vengono ripercorsi le vicende della famiglia ormai scomparsa, ricostruite attraverso fotografie. Un tentativo per recuperare la propria identità: i fantasmi della famiglia del protagonista si aggirano per le pagine, ora portando ricordi piacevoli, ora rimarcando sempre di più la solitudine e la sofferenza di un figlio che si ritrova improvvisamente e definitivamente orfano. Il presente sbiadisce di fronte a un passato imperfetto, ma ugualmente mitizzato, dove i genitori – con i loro vizi, le loro complessità e contraddizioni – sono eroi dell’infanzia e della sua vita di figlio. E in tutto ciò Vilas scopre la bellezza, in tutto, anche nella morte.
Ok termino così il mio viaggio nella narrativa spagnola più letta degli ultimi anni. Viaggio lacunoso, superficiale, come tutti i viaggi che si soffermano essenzialmente su ciò che si vuole vedere, ovvero su ciò che ovunque siamo. Spagna che, quale riferimento autobiografico, troverai insieme al jazz anche nel mio romanzo Chiedi a Coltrane di prossima uscita (fine aprile o giù di lì), pubblicato da Emersioni. Guarda il booktrailer per farti un'idea
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