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Irriversible Entanglements: jazz a passeggio nella suburbia

Prosegue il viaggio nella musica jazz che ha traslocato, a torto o a ragione, dove c'è gente.


Se groviglio irreversibile è la traduzione più o meno fedele di Irreversible Entanglements la promessa è mantenuta nel loro ultimo lavoro "Who sent you?" pubblicato nel marzo 2020 (quando senza saperlo stavamo per conoscere una nuova era) dall'etichetta International Anthem di Chicago che ha pubblicato ultimamente diverse cose interessanti. Il jazz spoken word del quintetto nato a Brooklyn nel 2015 a seguito dell’uccisione di Akai Gurley da parte del New York Police Department è politica, Africa, free jazz anni'70, ma soprattutto un ponte verso nuove generazioni e società che nasce con l'intento di reagire a un quadro desolante quale quello relativo alla seconda decade del 2000. Usare il jazz per comunicare non astratta bellezza, ma impegno e partecipazione sposta il paradigma, ancorandolo all'uso reiterato di parole totemiche, alla sezione ritmica che induce ossessiva all'eccitazione dei sensi, ai fiati che, celandosi in una sorta di brusio urbano, levano improvvise vere e proprie grida di sollevazione.


Irreversible Entanglements è un groviglio creato da 5 giovani musicisti (Camae Ayewa - voice, Keir Neuringer - saxophone, Aquiles Navarro - trumpet, Luke Stewart - bass, Tcheser Holmes - drums) che riprendono la tradizione di Amir Baraka per aprirgli le porte della terza decade. La poesia "La morte della ragione" (nella traduzione di Fernanda Pivano) ancora grida in questi giorni di Black Lives Matter:


La mia rabbia, talvolta,

è talmente brutta, è come se stesse seduta

fuori dalla natura, chiamando anche me

fuori, in qualche freddo vento merdoso

dell’inferno dell’uomo di colore. Le morte preghiere

che mi inaridiscono. Che rifiutano a me

e ai miei simili che camminano

la luce della calma razionale.


Ma non si tratta solo di rabbia quella degli Irreversible Entanglements in "Who sent you?". Insita in questa musica c'è la voglia di comunicare, di prendersi un ruolo che non sia solo quello del genio incompreso. Il jazz non suona mai per sé stesso, così come scegliere la bellezza è dentro e oltre la politica. Il jazz possiede una caratteristica essenziale ovvero la libertà sia formale, grazie alla composizione istantanea, sia nel carattere degli interpreti. John Cassavetes, attore, regista e sceneggiatore indipendente, affermava:


"Ho sempre lavorato volentieri con quelli che non cercano il successo. I Jazzisti non vogliono il successo. Hanno queste piccole armi di latta: non sparano, non vanno da nessuna parte. il musicista di jazz non si misura con la vita strutturata: vuole solo quella notte, come un bambino."


In "Ombre" del 1959 è visibile come Cassavetes stia parlando di sé stesso in quanto regista jazz, mai sottomesso alla partitura/sceneggiatura, capace di dilatare i tempi, dare spazio alle immagini come un jazzista agli assoli. Ma più di tutto mi interessa adesso il concetto di bambino.


Il bambino non è mai aristocratico, il bambino è libero. Il bambino è empatico ed ha voglia di comunicare, di mischiarsi. Il bambino è insopportabile quando fa le facce da bambino (o le facce da fotografo, per citare Wim Wenders ne Il Cielo sopra Berlino"), ma è sublime nel suo sguardo autentico, nel tessere relazioni in modo spontaneo. Il bambino non è un looser di mestiere e qualsiasi avventura intraprenda lo fa come se fosse la più importante, lo fa per godersela tutta.


Ecco, credo che sostituendo la parola jazzista o jazz a bambino avrete la misura di quanto potrebbe essere atto a definire questo strano perimetro espressivo o, più semplicemente, ne ricaverete la definizione di artista.


in questo momento storico la scena jazz spoken word (vedi ad esempio il post su Makaya McCraven) è particolarmente viva e vivace così come negli anni '70, è essenzialmente afroamericana (gli europei non ci hanno messo ancora il naso perché non trovano al momento colori e concetti adatti). Sembra essere in grado di essere bambina quanto occorre, almeno nelle sue migliori e più autentiche espressioni e ribelle. Sembra avere la capacità di mischiarsi alla società, provando a cambiarla. Per farlo fa ricorso a temi e melodia, alla parola politica (il termine fu teorizzato da Platone per primo in quanto finalizzato al bene comune) . Non è certo l'unica via, ma credo una delle più proficue, aderenti al contesto e chissà che in questi ruggenti anni '20, a 100 anni dalla nascita del Jazz, non diventi qualcosa di più evoluto del rap e dei figli suoi.


Oggi far udire e comprendere la propria voce è un gesto di coraggio. Occorre essere non solo comprensibili, ma anche ingenui e entusiasti, perché nell'entusiasmo c'è molto dell'errore non calcolato che può salvare il mondo, creandolo nuovo.


Ah non ho concluso parlando di musica e ho anche divagato, ma basta che ascoltiate da soli lo splendido progetto. 5 brani uno più bello dell'altro, 5 musicisti da seguire: Irreversible Entanglements - Who sent you. Consigliato.


Besos




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