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Il "Totem" universale del contrabbassista Ferdinando Romano, feat. Ralph Alessi


Comincio dalla fine: "Totem" il progetto di esordio da band leader di Ferdinando Romano (uno dei contrabbassisti jazz italiani che amo di più) è un lavoro universale. Causa ed effetto di tale caratteristica sono la rara semplicità che consente al disco (avete a disposizione anche il vinile) di arrivare diretto e un interplay naturale e virtuoso, all'interno della trama compositiva di cui Ferdinando è autore. Non basta: in tale lavoro, grazie a felice intuizione del musicista, è incastonata l'arte di Ralph Alessi, uno dei trombettisti più interessanti della scena internazionale, collaboratore e sodale di Steve Coleman (su questo blog recentemente ho recensito "Imaginary friends", terzo disco ECM da leader per Alessi).


Quando, però, si chiamano a collaborare star del jazz si può rapidamente passare dall'entusiasmo, alla frustrazione più profonda. Ferdinando, invece, ha dialogato costantemente con Ralph, ottenendone naturale, evidente convinta adesione durante tutte le esecuzioni. Azzardo: sembra che Romano avesse già chiaro in fase compositiva la personalità di una tromba così essenziale eppure incline a sostenere la melodia. Di certo i due si sposano alla perfezione, si stimano vicendevolmente. Sono un duo nel settetto da un punto di vista delle affinità, del viaggio comunemente concepito. Ne nasce una spina dorsale che rende solido tutto il racconto. Attorno a tale solidità gli altri musicisti si sono mossi creativamente e a proprio agio. Un contributo rilevante giunge a mio avviso dal piano di Manuel Magrini, il più propositivo nel cercare di sfruttare al meglio l'occasione di composizioni che cercano molto il racconto del sentimento o dell'idea che li ha scaturiti, così come per lo stesso motivo ho apprezzato il lavoro di Nazareno Caputo, ma in questi casi si corre il rischio solo di fare torto ai non citati. Si tratta di giovani talenti la cui schiena resta dritta anche quando si muovono in sestetto senza Ralph nel brano "Memories Reprise", uno dei più struggenti, splendidamente eseguito. L'intera formazione è così costituita: Ferdinando Romano, contrabbasso; Ralph Alessi, tromba; Tommaso Iacoviello flicorno; Simone Alessandrini, sax alto e soprano; Nazareno Caputo, vibrafono e marimba; Manuel Magrini, piano; Giovanni Paolo Liguori, batteria.


Avevo ascoltato il gruppo prima dell'incisione, col bravo Paolo Petrecca alla tromba (uscito dalla scuola di Emanuele Cisi). Una serata intima, di quelle tipiche del jazz pre-Covid-19. Li ascoltai senza alcuna preparazione e loro stessi inizialmente senza la determinazione della gran serata, ma era facile avvertire da subito le qualità compositive di Ferdinando e, via via che suonavano, il naturale incastro personale e artistico di tutti i componenti. Più o meno amici, artisticamente dotati e in rapporto l'un con l'altro. Chi uscito dalla fucina senese, altri compagni di jam session fiorentine. Il mondo del jazz, tra i giovani più bravi, è in fondo una pozzanghera (annotateveli tutti così non sbagliate). Dato che virtù è riconoscere le affinità e amalgamarle, oltre che dei singoli, ciò è evidentemente qualità ascrivibile alla personalità genuinamente "jazz" di Ferdinando. Generoso, sempre attento all'ascolto dell'altro, riesce a riconoscere, selezionare e riformulare la realtà alla luce del proprio progetto.


Ferdinando già lo conoscevo per via della sua produzione insieme ad altra grande, indipendente personalità del jazz italiano,l'amico Francesco Cusa. Ha lavorato con Francesco insieme al recentemente scomparso Gianni Lenoci (leggi il post su "Wet Cats" di Francesco Cusa e Gianni Lenoci), ai Francesco Cusa & the Assassins. Studi accademici compiuti a Firenze e Lugano, attivo in varie altre formazioni (Rainbow Jazz Orchestra e l’Arcadia Trioe) con incisioni per prestigiose label, come Philology Jazz Records e Dodicilune. Giovane, sì, ma già con un passato. Quando lo ascoltai quella sera pare che pronunciai nei saluti del congedo qualcosa di sensato, tanto da ritrovarlo con mio grande piacere nelle note del disco. Gli dissi che "Totem è una sorta di narrazione in musica di un monolite fatto di memorie, convinzioni e radici attorno al quale danziamo per tutta una vita". Poi, temendo di sporcare la mia rara intuizione, mi dileguai nella notte (la tata sarebbe altrimenti costata un occhio).


"Totem" è pubblicato e distribuito in digitale, cd e vinile da Losen Records, l’etichetta norvegese fondata da Odd Gjelsnes, per cui hanno inciso tra gli altri anche i Pericopes-1, altro gruppo interessante del pianista Alessandro Sgobbio di cui potete leggere in questo post. Interessante anche la decisione di spiegare all'interno del disco la genesi e la struttura dei singoli brani, così da renderne possibile piena fruizione. Ma non è alla testa che punta Ferdinando, quando dritto al cuore.


"Totem" è il senso di una vita che noi tutti trascorriamo a mettere da parte ispirazioni, amori, affetti, emozioni e paccottiglia. Qualcosa che ci dia un senso, perché un senso non abbiamo. Tale struggente vacuità non è possibile descriverla se non con la semplicità che è insita nell'arte, nel cuore stesso delle emozioni, affidandosi alla melodia prima ancora che alla tecnica. Il cuore non è il cervello, ma non per questo è stupido. Esso è misteriosamente attratto dall'essenza che lo riconduca alle sue stesse radici, perché, scaraventati nel nulla, solo esili filamenti ci trattengono. "Totem" è un disco da lasciar suonare perché l'anima vostra vi si accordi, uno dei migliori dischi del 2020 (lo possiamo dire già a maggio dato il valore assoluto) e, sebbene sfortunato, perché non potrà essere accompagnato a breve da un tour, di certo è argine che può aiutarvi a restituire senso a questi strani giorni .


Ascoltatelo, sia che amiate il jazz, sia che non ne siate avvezzi. E' sufficiente che amiate il bello, l'autentico. Ascoltatelo, dunque, così da fare un favore a voi stessi. Besos.




Se ti è piaciuto il post, sappi che sei sul Jazz & Book Blog Chiedi a Me.

Consiglio di leggere anche:


L'articolo pubblicato sul grande Lee Konitz. Clicca qui.

L'articolo pubblicato su McCoy Tyner a seguito della sua morte. Clicca qui.

Theo Cross con "Fyah" uno dei migliori lavori del 2019, esempio della nuova scena jazz londinese.

L'ultimo post che magari non hai letto è su Legacy dei Pericopes + 1, pubbllicati dalla magica Auand, etichetta italiana che sforna talenti jazz. Secondo me è meglio se ci dai un'occhiata

Se vuoi ascoltare alcune mie playlist clicca qui , oppure ascolta la mia playlist su Bill Evans.

Per saperne ancora di più, compresi i dati di lettura de blog leggi "Evans, Coltrane e Akinmusire alla festa del Jazz & Book Blog "Chiedi a Me"!"

Se vuoi scoprire i Ghost Horse col loro splendido "Trojan", menzionato da Musica Jazz come uno dei migliori progetti jazz dell'anno clicca qui.

Se hai voglia di saperne di più sul mio romanzo "Chiedi a Coltrane" edito da Emersioni (non te lo consiglio) clicca qui;

Se, invece, vuoi conoscere la miglior graphic novel degli ultimi anni leggi il post su "Raymond Carver, una storia".


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