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10 jazz album da ascoltare: 3 - Lebroba di Andrew Cyrille
Aggiornamento: 1 set 2019

Esiste un posto che non esiste, è la città di Lebroba, un luogo libero in cui si aggirano fantasmi di età vissute e altre mai sperimentate,' dove i tizi che capitano non vi arrivano per caso. Lebroba nasce quale acronimo generato dalle sillabe iniziali delle città in cui sono nati i 3 musicisti che hanno dato vita al progetto (Leland, Brooklyn e Baltimora). Andrew Cyrill, Wadada Leo Smith e Bill Frisell sono giunti in questo buco sulla mappa dalle parti di nowhere, perché hanno capito che l'unico modo per essere è dare spazio, fare posto. Chi abita a Lebroba non è gente qualsiasi, non sono né quaccheri o mormoni, tanto meno tizi "porgi l'altra guancia". Sono dei Coocoon, degli afro e bianchicci militanti, gente che non molla il colpo e se ha smesso di fregarsene della rivoluzione è solo perché ha capito che è un bagaglio troppo pesante che alla fine pretende di sostituire qualcosa a qualcos'altro. Il loro approccio, invece, è più poetico e per questo decisamente più radicale. Una sorta di Ascension, non per similitudini jazzistiche, bensì in quanto ascensore dello spirito verso il piano trecento e oltre dove, aprendosi la porta, è possibile incontrare se non Lui almeno gli sgherri del divino.
Se ho mai attribuito una qualità ai generi musicali è quella di stabilire dei limiti che ineluttabilmente debbono venire oltrepassati. Se ho mai attribuito una qualità al jazz è quello di essere elastico più di un chewingum, cata-fottendosene delle regole, sublimando le individualità in modo magico, consentendo loro di esprimersi al massimo includendo, invece che occupando. Nell'intero progetto Lebroba trovi elementi afro, blues, free, una chitarra spesso acida, onirica, quella del titanico Bill Frisell, 68 anni, bandiera dell'etichetta ECM, un killer freddo ed essenziale, uno sguardo dolce verso l'orizzonte che orizzonte non è, deciso ad attraversare i quartieri silenziosi di Lebroba, entrare nei bar oscuri, serviti da un tizio scheletrico che pare saperla lunga e donne dalle occhiaie spesse come fondi di bottiglia con un sorriso luminoso che oscura le abat-jour. Per poter mettere il naso in questo nowhere, anche come ascoltatori occorre farsi fantasma tra i presenti, altrimenti Lebroba stessa si dilegua. Con Frisell un tizio come Wadada Leo Smith , tromba, 78 anni, sodale di Antony Braxton, un suono che si interrompe e riprende le fila del discorso (non a caso nel '98 sentì l'esigenza di un tributo a Miles Davis). Wadada pare un tizio sdraiato in mezzo ad una festa, beato e sognante, lui sì sa cosa bisogna fare, mentre la gente si muove intorno. Sia Frisell che Smith hanno sperimentato in lungo e in largo nel corso della propria luminosa carriera, hanno costruito l'avant garde di ogni decennio, essendone costantemente parte. C'è poco da rottamare in sensibilità del genere che usano il tempo come cabina telefonica in cui svestirsi progressivamente dei panni, delle urgenze che contraddistinguono qualsiasi essere umano, separandolo così dall'arte, dalla vetta.
Un'annotazione a margine, dato che tutto il progetto di Lebroba lo è: per comprendere il valore di un barman: mai metterti di fronte a lui, perché non riuscirai a vedere niente di quel che farà sul piano di lavoro, coperto dal mastodontico bordo del bancone. Non capirai se, prendendo il ghiaccio, avrà usato la mano per contenerlo, se avrà spruzzato poche gocce di succo di limone sulla superficie del drink o, piuttosto, passato la scorza lungo il bordo del bicchiere. Mettendosi di lato a questo progetto musicale è allora che si scopre Andrew Cyrille, batterista, 80 anni da compiere a novembre, dieci anni dieci con Cecil Taylor, dolmen del free jazz, e altre grandiose esperienze musicali. E' Cyrille che ha edificato le mura di Lebroba col suo stile decostruito, appena accennato, con il tentennante lavorio sui rullanti, sottrazione allo stato puro, charleston e piatti che dialogano tramite sussurri, fantasma tra i fantasmi, eppure architrave. Credo che Dio si sia divertito un tempo a rendersi visibile, immenso e grosso tra gli umani, poi lui stesso ha capito le regole del gioco e si è fatto via via spirito, divenendo per questo sublime presenza.
In Lebroba, jazz album uscito nel 2018, un trio di vegliardi con sole 5 tracce ha portato il jazz nella città di nowhere, tra le vie polverose erigendogli un monumento che noi tutti dovremo andare a omaggiare, non tanto come gesto di deferenza, ma per ispirare le nostre stesse vite, per stare meglio e capire, forse, cosa sia il jazz. Buon ascolto.
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