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10 jazz album: 4 e 5 - "Explorations" di Bill Evans e "At Home with Zindars" di Luciano Troja
Aggiornamento: 10 ago 2019
Passeggiando a Lione sul ponte che segna l'incontro tra Rodano e Saona ho pensato che la confluenza di due grandi fiumi sia emblematica. Alla prosecuzione di entrambi viene, infatti, attribuito per convenzione solo il nome del maggiore tra questi, ma il portato dei due fiumi solleva un gran pulviscolo nell'aria, una sorta di nuvola carica di energia e in quell'apparente caos si forma una diversa realtà, un diverso ordine degli elementi che dovrebbe essere definito con un nuovo nome. Tornato in albergo ho annotato questo magro spunto. Mi ero dato qualche giorno per scrivere del progetto "At home with Zindars".che Luciano Troja, uno tra i migliori pianisti jazz italiani, ha dedicato nel 2010 a Earl Zindars, compositore e sodale di Bill Evans e ho pensato che la storia dei due fiumi fosse un possibile inizio.
Avevo incontrato Luciano Troja a Catania qualche giorno prima, durante la presentazione del mio romanzo "Chiedi a Coltrane" nella rassegna/incontro tra musica e letteratura diretta dall'amico e grande batterista jazz Francesco Cusa Premetto che "uso" il jazz per ricavarne storie, come se l'ascolto fosse per me una sorta di rielaborazione delle note in alfabeto. Occorre, quindi, prendere le mie ricostruzioni come "liberamente tratte da"., niente filologia, né puntuale cronaca dei fatti. Lo dico perché nessuno si senta autorizzato a inviarmi pignole annotazioni e per invitare i più alla pazienza rispetto a certe libere digressioni. Prima, infatti, di accennare allo splendido "At home with Zindars", ho bisogno di ricostruire gli snodi narrativi di questa storia e di descrivere come io stesso mi sono avvicinato per caso al progetto.
Il primo snodo si dipana negli anni '50, durante il militare, dato che Earl Zindars e Bill Evans prestano entrambi servizio in Marina. Appena conosciuto, Zindars propone a Evans il proprio arrangiamento di "September in the rain", un motivo della fine degli anni '30. A Bill piace, e la farà eseguire nonostante il parere avverso di alcuni tra i suoi colleghi della Army band. Da quell'episodio oltre all'affinità artistica, tra i due scatta l'empatia a cui seguirà una vera e propria amicizia. Bill gli fa pure da testimone di nozze e la famiglia Zindars diviene la sua famiglia. Bill e Earl hanno vite divergenti. Per Zindars la famiglia è il fulcro. La moglie Anne, musicista, cantante, lo consiglia, gli scrive i testi di alcuni brani. Nascono due figlie e Bill diviene lo zio acquisito. Dopo il grande successo di "Kind of Blue" con Miles Davis (1959), pubblica per la prima volta un brano di Earl in "Explorations" nel 1961. Si tratta di "Elsa", uno dei suoi migliori pezzi, (insieme a "How my heart sings"), frutto concreto dell'intesa tra i due. In questo album Bill, in trio con Scott La Faro e Paul Motian, è divino, sicuro, esprime il concetto di un jazz democratico in cui gli spazi per contrabbasso e batteria non sono semplici assoli, riserve in mezzo alla supremazia altrui, bensì armoniosa bellezza a cui per giungere occorre fare spazio, poiché moltiplicare non è occupare. Mi sono domandato cosa provo quando ascolto Bill Evans. Fondamentalmente mi sento bene. Non ho bisogno di comprendere intellettualmente e il cuore, finalmente libero, addomestica la mente. Si tratta di un istintivo e al tempo stesso raffinato "piano emotivo" (gioco con le parole) che suppongo scaturisca dal delirio bellico, dalla mattanza ormai gettata alle spalle, appena scheggiato da incrinature frutto di personale inquietudine e modernità, propria dell'indole del pianista che col tempo si dilaterà. Una sorta di retrogusto secco e amaro che rende la narrazione ancora più arguta. Tutto ha stile, novità e autenticità nella musica di Bill Evans, un'armoniosa disposizione alla levità che pure non ha mai a che vedere col vacuo. La vita quando la narra Bill sembra davvero degna di essere vissuta.

Ma torniamo al punto. Earl si sposa, Earl mette su famiglia, costruisce in vita quello che Bill fa in musica. I due fiumi in questo caso rovesciano le parti e Bill diventa l'affluente. La sua fragilità cerca riparo in quella grande casa, la casa della famiglia Zindars, per scampare alla sua stessa arte, Cerca rifugio nel riflesso delle vite altrui, del suo amico Earl, poiché ogni musicista sa bene che il talento è una pianta carnivora, un parassita che si nutre dei sentimenti del suo stesso autore, lo spolpa, costringendolo a guardarsi vivere per trarne creatività, ma va ancora tutto bene. Bill ha 32 anni. E' solo il '61, "Explorations" è andato alla grande e se Scott La Faro, quel medesimo anno, dopo aver registrato "Sunday at the Village Vanguarde" decide una notte di andare a trovare la madre con un amico, sarà mica la fine del mondo? E, invece, lo è. Un albero si mette in mezzo alla strada. lo schianto, la macchina prende fuoco, fine dei giochi. In una vita c'è sempre un prima e un dopo e il prima di Bill Evans si dice che venga spazzato via quella notte.
Un altro snodo narrativo mi riporta in Sicilia, il giorno prima dell'incontro con Luciano Troja. Durante una splendida cena ad Acireale (da "L'oste scuro", per la precisione) con Francesco (Cusa), lo scultore, attore Francesco Gennaro tira fuori dalla propria borsa un testo intitolato "Il tratto che nomina" di Yves Bergeret, "E' una raccolta di note ed appunti in chiave poetica, antropologica, relazionale, esperita dall'autore lungo dieci anni di viaggi ed esperienze." Mi spiega. "...una breccia di conoscenza del pensiero animista, la trasmissione orale di cultura e tradizioni radicate nei secoli, tramandati con parole e segni." (volume pubblicato da Algra Editore). Nei giorni seguenti, incuriosito, leggo quelle note e vengo colpito da un brano in cui l'autore per stabilire un ponte relazionale con un artista nativo delle terre selvagge in cui si è stabilito compie con lui un passaggio tra due speroni di roccia. Grazie alla condivisione di quello spazio fisico, all'esperienza comune, i due stabiliscono un nesso.

Ecco l'altro elemento, dunque, che sentivo rilevante ma che prima delle pagine di Bergeret non avevo messo a fuoco. Luciano Troja per legare sé stesso a Earl Zindars e Bill Evans ha condiviso la loro casa comune. Si è recato, poco dopo la morte di Earl avvenuta nel 2005, dalla moglie Anne ed ha praticato lo stesso culto "animista", frutto di gentilezza, rispetto e amore. E' stato a lungo con lei, con le figlie, ha legato la propria sensibilità alla grazia che era scesa su quelle mura. Così è nato il progetto multimediale "At home with Zindars". (video, libretto e cd), per via della passione di Luciano per Bill Evans, per la possibilità insperata di attraversare il tempo e giungere sino a lui. a 30 anni dalla morte (Evans muore nel 1980). Ha, quindi, eseguito i brani di Earl che lo stesso Bill aveva suonato. Lo ha fatto in piano solo non tanto per sfidare i fantasmi, quanto al fine di rileggere la sua musica ed eseguirla come se fosse "liberamente tratta da". Sono 16 tracce in cui ogni sensibilità trova il proprio racconto. Annoto tra le altre "Karen's mode", una felice sintesi di patetico e fresca vitalità, la stessa "Bill e Earl", composizione di Troja (unico tra i brani a sua firma) in cui certe note sospese riempiono i silenzi ed altri passaggi restituiscono la complessa sensibilità dei due. La stessa "Mother of Earl" viene eseguita con limpida voce, sfruttando del solo la possibilità di arricchire di molte sfumature, dei diversi caratteri che la narrazione di un tema così personale può avere. "How my heart sings" si annida, invece, in esili note, nella fragilità dell'interpretazione, nello scricchiolio del legno che si avverte in sottofondo. Basta scegliere in questo ricca pastura, nell'opera che ogni artista dedica una volta nella vita al proprio Dio, per trovare materiale con cui emozionarsi. Non a caso la rivista americana Stereophile ha assegnato al cd il massimo riconoscimento annuale della critica “Record To Die For 2011”. e il progetto ha ottenuto una nomination al 10°Independent Music Awards (USA).
Ecco che i fiumi si ricompongono per divenire uno soltanto e i nodi si sciolgono, non hanno più ragione di esistere. Earl è stato Bill e viceversa. Bill visse nella casa di Earl, vide, guardando lui e la sua famiglia, ciò che non seppe essere. Fu la visione di sé stesso alla finestra, fu le sciagure che dal '61 in poi gli accaddero, fu la droga, l'arte che lo esiliò dalla sua stessa vita, fu grande autore (non si dimentichi, come lo stesso Earl dichiarò, che "Blue in green" è creazione di Bill Evans e non di Miles Davis), ma per stabilire, come in un culto animista, il contatto tra passato e presente, perché nascesse la magica empatia occorreva davvero abitare la casa di Earl Zindars, vivere tra quelle mura e Luciano lo ha fatto con rara sensibilità, perché Luciano Troja è stato davvero "At home with Zindars".
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